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LA DIETA NELLA SINDROME METABOLICA

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NEW PARMA – mar/apr 2011

Negli articoli precedenti abbiamo descritto le basi fisiologiche della sindrome metabolica e come curarla tramite l’esercizio fisico. E’ ora importante affrontare l’argomento “dieta” che in questa patologia è fondamentale. Prima però vorrei ricordare che la sindrome metabolica richiede per definizione almeno tre dei seguenti parametri: valore della pressione sanguigna superiore a 130/85, trigliceridi superiori a 150, colesterolo HDL (quello buono) inferiore ai 40 nell’uomo e ai 50 nella donna, una circonferenza vita superiore a 94 cm nell’uomo e 80 cm nella donna e una glicemia a digiuno superiore a 110. L’elemento però più importante che dimostra uno squilibrio metabolico è la cosiddetta “pancia” e possiamo ragionevolmente sostenere che chiunque abbia la pancia ha un problema metabolico.

Per la prima volta nella storia del nostro pianeta il numero di persone che sono obese ha superato il numero di persone che soffrono la fame. Un eccessivo introito di zuccheri raffinati, una carenza di esercizio fisico, la concomitanza di un ambiente inquinato e stili di vita sfavorevoli contribuiscono in varia misura al manifestarsi della sindrome metabolica.

Spesso l’approccio dietetico finalizzato alla perdita di peso è legato alla restrizione dei carboidrati e delle calorie. Se la restrizione dei carboidrati a breve termine appare un metodo efficace e salutare, a lungo termine invece  perde di efficacia, si dimostra meno salutare e soprattutto crea un problema di “compliance”( accettazione) per cui quasi sempre si ritorna alle cattive abitudini precedenti non avendo acquisito uno stile alimentare sostenibile.

Viceversa l’utilizzo dell’indice glicemico permette di evitare la restrizione delle calorie e dei carboidrati ma orienta l’individuo verso la scelta di quegli alimenti che possono evitare l’esagerata risposta glicemica che si ha nella sindrome metabolica. In poche parole l’indice glicemico è una maniera per descrivere la capacità di differenti cibi di causare un rialzo glicemico post-prandiale.

Cibi ricchi di zuccheri semplici causano un rapido ed elevato innalzamento della glicemia che a sua volta stimola in maniera eccessiva l’insulina, ormone che favorisce l’aumento del peso. Viceversa i cibi a basso indice glicemico per il loro contenuto moderato in carboidrati o per l’elevata quantità di fibre che ne rallentano l’assorbimento causano una minore elevazione della glicemia ed una minor stimolazione dell’insulina permettendo all’organismo di utilizzare i grassi a scopo energetico (l’insulina blocca la lipolisi).

Numerosi dati scientifici mostrano chiaramente che una dieta a basso indice glicemico promuove la perdita di grasso in maniera più efficace che altre diete. I cibi ad alto indice glicemico (superiore a 70) come gli zuccheri, le farine raffinate, il riso, il pane bianco, le patate favoriscono il deposito di grasso indipendentemente dalle calorie. Viceversa i cibi a basso indice glicemico (sotto i 55) danno al corpo un costante livello di energia e promuovono la perdita del grasso preservando la massa muscolare e stimolando il metabolismo basale. E’ molto importante non confondere una dieta a basso indice glicemico con una dieta basso tenore di carboidrati. Carboidrati a basso indice glicemico che possono essere consumati sono i cereali integrali (moderato IG), i legumi, l’avena, le patate dolci e anche certa frutta come le mele, le pere, l’arancia, il pompelmo. Ovviamente i cibi proteici magri (carne, pesce, uova, latticini scremati) e cibi ricchi di grassi insaturi (oli vegetali, frutta secca, salmone) sono cibi salutari a basso indice glicemico (indice glicemico).

Una dieta ipocalorica abbassa normalmente il metabolismo del 15%  predisponendo ad un successivo riacquisto del peso perduto con gli interessi. Una dieta non ipocalorica a basso indice glicemico abbinata ad un regolare esercizio fisico non avrà conseguenze metaboliche negative ma sarà in grado di migliorare la resistenza insulinica, abbassare la pressione, diminuire i trigliceridi ed alzare il colesterolo HDL.

E’ importante acquisire consapevolezza dell’importanza di una alimentazione basata su cibi naturali e organici evitando i cibi raffinati. Mettereste nella vostra automobile la benzina agricola o dell’olio di scarto? E come potete ogni giorno, in maniera incurante nutrirvi di cibo spazzatura? Bisogna leggere le etichette ed evitare i cibi contenenti zucchero, sciroppo di fruttosio, grassi idrogenati, acidi grassi trans, coloranti e possibilmente conservanti.

Le persone devono evitare di tenere in casa dolci e cibi grassi e merendine varie e tenere invece frutta fresca, frutta secca e verdure a portata di mano che possono essere utili come salutari spuntini.

Esistono dei fattori nutrizionali che possono aiutare nella sindrome metabolica e consistono in nutrienti, integratori, erbe, vediamo i più utilizzati:

  1. Fibre solubili: riducono la glicemia postprandiale , abbassano il colesterolo, promuovono il senso di sazietà e funzionano come prebiotici (il prebiotico favorisce l’instaurarsi di una favorevole flora batterica intestinale costituita dai probiotici- fermenti lattici ).
  2. Acidi grassi omega 3: contenuti soprattutto negli oli di pesce migliorano la sensibilità insulinica, hanno un effetto antinfiammatorio e favoriscono la lipolisi.
  3. Acido Alfa-lipoico: è un potentissimo antiossidante, protegge dai danni di glicazione causati da elevati livelli di glicemia e migliora la sensibilità all’insulina fungendo da ipoglicemizzante.
  4. Cromo: abbassa il colesterolo e migliora la sensibilità all’insulina.
  5. Cannella: funziona da insulinomimetico ipoglicemizzante.
  6. Proteine di soia: riducono il colesterolo.
  7. Tè verde: ottimo antiossidante dotato di svariati effetti benefici tra i quali l’effetto sul metabolismo del glucosio.